Inaugurato il “Resilience Hub - LaCasadei100Comuni” della Provincia

A cura di Cristiana Lopomo

Un nuovo spazio di dialogo e confronto a disposizione dei 100 Comuni del potentino, in filo diretto con l’Unione Europea per ricevere ogni informazione utile circa fondi, progetti e opportunità. È stata inaugurata questa mattina la sede del “Resilience Hub - #LaCasadei100Comuni” all’interno dell’edificio rinnovato dell’ex Tribunale, in via Ascanio Branca, accanto al Palazzo della Provincia.

La cerimonia di apertura è stata trasmessa in collegamento in diretta con i partners internazionali e nazionali del Progetto Locarbo: in occasione di questo evento inaugurale, infatti, si è voluto ospitare, nella nuova sala multimediale - aperta ufficialmente dal Presidente vicario della Provincia di Potenza Rocco Pappalardo insieme al Presidente dell'Anci Basilicata Andrea Bernardo e ai consiglieri provinciali - l’evento finale del Progetto Locarbo, incentrato sul tema, quanto mai attuale e urgente, dell’utilizzo di fonti energetiche alternative, che ha richiamato in città, in questi giorni, diverse delegazioni straniere per un momento formativo di particolare rilevanza.

«Il Resilience Hub – ha spiegato il presidente Pappalardo - sarà di fatto nella piena disponibilità dei 100 Comuni della Provincia di Potenza che, di concerto con l’Ufficio Pianificazione e Innovazione, avranno l’opportunità di mantenere contatti costanti nelle dinamiche dei rapporti con l’Unione Europea, attraverso gli specifici progetti messi in campo in questi anni, e garantire, in particolare, un canale di contatto in ordine all’utilizzo di fondi comunitari. Inoltre – ha concluso il presidente Pappalardo - con le sue 26 postazioni multimediali in rete, sarà possibile attivare e realizzare tutte le attività formative connesse all’accrescimento delle conoscenze professionali del personale degli Enti Locali del nostro territorio». 

Inaugurato il “Resilience Hub - LaCasadei100Comuni” della Provincia

ALTA TENSIONE NELLO STRETTO DI TAIWAN

A cura di Luigi Olita 

La visita a Taiwan della speaker della Camera dei rappresentanti degli USA, Nancy Pelosi, avvenuta negli ultimi giorni, ha segnato uno dei momenti di tensione più alti nei rapporti tra Cina e USA. La speaker era partita il 30 luglio da una base aerea in California per intraprendere un viaggio nell'Indo Pacifico visitando alcuni paesi asiatici alleati di Washington nella zona. Una delle tappe sarebbe stata proprio l'isola di Taiwan, considerata da Pechino come una provincia ribelle che prima o poi sarebbe stata ricondotta sotto l'autorità della Repubblica popolare Cinese. La visita di Pelosi, infatti, ha indignato fortemente Pechino, considerandola una violazione della sovranità cinese ed una ingerenza nei suoi affari interni. Lo stesso dipartimento della difesa statunitense aveva consigliato alla speaker della Camera di non atterrare a Taipei, per possibili ripercussioni da parte di Pechino, minacciate fino a qualche ora prima dell'arrivo della politica americana. Infatti le autorità politiche e militari cinesi hanno ripetuto fino all'ultimo che la visita della Pelosi non avrebbe di certo portato l'esercito di liberazione popolare a stare fermo, infatti sono iniziate sin da subito delle mobilitazioni militari e proprio in queste ore si sta verificando un lancio di missili cinesi nello stretto di Taiwan con tanto di elicotteri per perlustrare la zona.

La sfida lanciata da Nancy Pelosi alla Cina va in direzione di difendere la sovranità della piccola isola e della democrazia, come affermato dalla stessa nei colloqui con la presidente taiwanese ed il ministro degli esteri. Nonostante la politica della One China Policy portata avanti da Washington, si aggiunge un decreto del 1979, cioè il Taiwan Relations Act, secondo cui Washington si sarebbe impegnata ad intervenire a sostegno di Taiwan in caso di pericolo per la sua sicurezza. Nonostante il braccio di ferro di Pelosi contro Pechino, e la forte determinazione statunitense nel difendere Taipei, alla fine la speaker è ripartita per continuare la sua visita ai partner di Washington nell'Indo Pacifico. Le reazioni cinesi dopo la partenza di Pelosi non si sono fatte attendere, poiché dopo la convocazione dell'ambasciatore americano a Pechino al ministero degli affari esteri, sono state avviate esercitazioni militari, la sospensione del progetto di impianto di batterie CATL da 5 miliardi di dollari. Inoltre, È stato avviato un embargo sulla fornitura di sabbia naturale a Taiwan, la quale si occupa produzione di cemento e vetro. A ciò si aggiunge la sospensione delle importazioni da Taiwan verso la Cina di pesce e agrumi e il divieto alle aziende cinesi di collaborare con la Taiwan Democracy Foundation e la Taiwan International Foundation for International Cooperation and Development. Dunque la situazione è estremamente calda e ciò potrebbe fare presagire che le esercitazioni militari cinesi che si terranno fino all'otto agosto potrebbero nascondere un'operazione militare speciale 2.0 in salsa cinese per porre fine definitivamente alla ribellione di Taiwan. Un problema che il pentagono e la Casa Bianca tengono ben presente, non a caso il Carrier strike Group della USS Ronald Reagan è sempre all'erta vicino Taiwan.

ALTA TENSIONE NELLO STRETTO DI TAIWAN

PUTIN RAFFORZA LA SUA INFLUENZA IN LIBIA

Il Cremlino negli ultimi mesi ha attivato la sua diplomazia andando a porre le basi per rendere più solidi i rapporti con numerosi stati Africani. La mente della diplomazia russa, Sergej Lavrov, sta diventando un punto di riferimento in Mali, Algeria, Uganda, Etiopia, Eritrea e Sud Africa, quest'ultima membri dei BRICS e quindi stretto partner di Mosca.

Anche la Libia è uno degli obiettivi dell'agenda estera del Cremlino, infatti sin da diversi anni Mosca sostiene il leader della Cirenaica, il Generale Khalifa Haftar. Haftar si oppone al governo di Tripoli riconosciuto dalle Nazioni Unite e da Ankara, la quale gioca su più fronti, anche in combutta con Mosca.

Al fine di preservare la propria influenza in Cirenaica, il Cremlino sta utilizzando il gruppo PMC, cioè una compagnia militare privata, della Wagner. Quest'ultima è presente in numerosi scenari mondiali, dal Medioriente al continente africano, fino ad arrivare all'Ucraina. La compagnia militare privata vicina al Cremlino, sta avendo un ruolo fondamentale nel sostegno del leader forte della Cirenaica, soprattutto in funzione anti statunitense nello scacchiere libico. È notizia di questi giorni, infatti, dell'abbattimento di un drone statunitense, probabilmente un MQ-9 Reaper/Predator B, entrato nello spazio aereo della città di Bengasi, dunque sotto il controllo dell'esercito di Haftar. La distruzione del drone statunitense è un forte segnale a Washington, la quale si troverebbe a combattere non solo per difendere dalle milizie orientali il governo di Tripoli riconosciuto dall'ONU, ma soprattutto contro attori esterni ben addestrati che risponderebbero senza dubbio al Cremlino.

Infatti, dietro l'abbattimento del Predator, potrebbe non essere direttamente implicato l'esercito della Cirenaica, ma è altamente possibile, presupponendo uno scenario di scontro tra

Washington e Mosca in territorio libico, che i militari della Wagner siano i diretti responsabili. Un affronto che vede dunque Mosca mettersi all'opera contro gli armamenti statunitensi in altri scacchieri mondiali, e quindi organizzare una possibile guerra per procura contro gli USA stessi ed i suoi alleati. Le operazioni russe in Ucraina che vedono l'esercito di Mosca avanzare nel Donbass dopo la presa del Luhansk, e procedere, anche se a rilento, nel Donetsk, hanno visto in prima linea l'intelligence statunitense fronteggiare anche con successo l'apparato militare bellico russo. È possibile che la Russia, sfruttando le divisioni geopolitiche presenti in altri scacchieri mondiali, come appunto la Libia, sia in prima linea per ridimensionare la potenza militare statunitense, perseguendo gli stessi obiettivi in campo militare dei suoi avversari.

PUTIN RAFFORZA LA SUA INFLUENZA IN LIBIA

ERDOGAN GESTISCE LA MEDIAZIONE TRA MOSCA E KIEV

A cura di Luigi Olita 

Il presidente turco Erdogan torna a fare parlare di sé. Dopo il braccio di ferro con la NATO per l'entrata al suo interno di Svezia e Finlandia, che dura tutt'oggi con le continue richieste di Ankara alle due nazioni di cederle i militanti curdi accusati di terrorismo, al momento è la diplomazia turca a segnare una nuova vittoria per quanto riguarda la guerra in Ucraina. Infatti, ad Istanbul sono stati firmati due documenti sulla fornitura marittima di grano ucraino dal ministro della difesa Turco Hulusi Akar, il ministro della difesa russo Sergej Shoigu ed il ministro delle infrastrutture ucraino Aleksandr Kubrakov. Tutto ciò alla presenza del segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Gutierrez. I documenti contengono anche e soprattutto la revoca delle restrizioni alla fornitura di prodotti agricoli e fertilizzanti prodotti in Russia. Dunque, come accennato prima, una vittoria per Ankara, l'ennesima, con un'Europa alle prese con la guerra del gas e Washington che continua la sua guerra per procura in Ucraina con gli ultimi invii di armi.

Erdogan si conferma, nonostante attore fondamentale all'interno della NATO, il campione indiscusso a livello diplomatico sia sul fronte ucraino, sia su quello Mediorientale, con un via libera indiretto per la sua operazione militare contro i curdi, dopo l'incontro con il presidente iraniano Raisi e Vladimir Putin. Protagonista di questi accordi, i quali prevedono l'esportazione di grano ucraino attraverso il Mar Nero attraverso tre porti: Odessa, Chornomorsk e Yuzhny e soprattutto l'attività di sminamento nelle acque territoriali ucraine che potrebbe avvenire in futuro per facilitare il trasporto del grano. L'obiettivo è quello di assicurare il passaggio delle navi che trasportano grano attraverso dei canali sicuri, i quali saranno garantiti anche dalla supervisione dell'ONU grazie all'attività diplomatica di Ankara che è impegnata già nella creazione di un centro di coordinamento posti ad Istanbul a cui parteciperanno ONU, Russia ed Ucraina. Alle navi da guerra, aerei e droni sarà vietato avvicinarsi alle navi a una distanza specificata e le navi dirette ai porti saranno sottoposte a controlli per contrastare un'eventuale presenza di armi sotto il controllo del Centro congiunto di coordinamento. Inoltre, nei porti saranno presenti rappresentanti di ONU, Turchia e Ucraina per monitorare il carico di grano. La validità degli accordi avrà la durata di 120 giorni con una possibile futura proroga.

ERDOGAN GESTISCE LA MEDIAZIONE TRA MOSCA E KIEV

Concorso letterario Racconti Potentini

Di Rocco Pesarini

Tutto pronto per la premiazione ufficiale dei vincitori della prima edizione del concorso letterario Racconti Potentini, organizzato dall’associazione SonoricaMente e dal gruppo facebook Cittadinanza Potentina,  prevista per sabato 27 agosto alle 18.00 presso la suggestiva location del Parco Baden Powell a Potenza.

Concorso letterario Racconti Potentini

LO ZAR, IL SULTANO E L'AYATOLLAH

A cura di Luigi Olita 

Sanzioni, rifornimento di armi a Kiev, stampa occidentale alla carica contro il Cremlino e diagnosi di malattie sembrano non essere riusciti a fermare Vladimir Putin nella sua guerra nel cuore dell'Europa orientale. Una guerra iniziata nel 2014 e che ha visto il culmine il 24 febbraio 2022 con l'invasione russa dell'Ucraina. l'Occidente si è subito mobilitato nel rifornire di armi Kiev e dare supporto di intelligence, con l'obiettivo di isolare la Russia a livello internazionale. Impresa non riuscita soprattutto dopo le ultime mosse diplomatiche del Cremlino che vedranno Vladimir Putin in visita a Teheran per un incontro con il presidente iraniano Raisi ed il presidente turco Erdogan. Quest'ultimo, membro della NATO, continua a muoversi come un vero e proprio cane sciolto nello scacchiere internazionale non solo per la quasi vicinanza alla Russia, ma anche per azioni diplomatiche che sta portando a segno tra Kiev e Mosca con l'obiettivo di risolvere la controversia sul grano bloccato nei porti ucraini ormai, per la maggior parte, sotto controllo di Mosca e porsi come uno dei protagonisti della diplomazia mondiale. Ultima sua mossa, insieme all'Arabia Saudita, quella di chiedere l'entrata all'interno dell'organizzazione BRICS.

Tutto ciò a dispetto di Washington, che non solo vede l'Arabia Saudita voltargli le spalle nonostante il viaggio di Joe Biden in Medioriente in questi giorni, ma anche Ankara come scheggia impazzita che non può permettersi di perdere come alleato della NATO per la sua posizione geostrategica. Il viaggio a Teheran di Putin lo vedrà dunque impegnato con il presidente Raisi, il quale sta cercando di porsi come alleato stretto di Mosca in contrapposizione a Washington e per la strada molto in salita riguardo gli accordi sul nucleare iraniano. Il tema principale sul tavolo sarà sicuramente la guerra in Ucraina e la situazione dell'esportazione del grano ucraino. Altro tema fondamentale, soprattutto per la presenza di Erdogan, sarà il dossier Siria, nazione appoggiata sia dall'Iran che dalla Russia nella guerra contro l'Isis ma allo stesso tempo bersaglio di Erdogan per la questione curda. Dunque lo zar pare tutto tranne che isolato a livello internazionale, con le ultime mosse di Siria e Corea del Nord che hanno riconosciuto le due repubbliche separatiste del Donbass e l'Iran che, secondo gli USA, starebbe rifornendo la Russia con i suoi droni Sammad-3, utilizzati anche nello Yemen dai ribelli Houthy. La diplomazia iraniana ha affermato che azioni di questo tipo andrebbero ad aggravare il conflitto, cosa che Teheran non ha intenzione di fare, anche se le voci sul possibile utilizzo di questi UAV da parte dell'esercito russo sembrano essere state confermate.

LO ZAR, IL SULTANO E L'AYATOLLAH

IL POST TEHERAN RIDISEGNA LE ALLEANZE

La visita del presidente russo Vladimir Putin a Teheran lo scorso luglio ha ridisegnato le alleanze in Medioriente.
Mosca e Teheran stanno rafforzando la loro cooperazione in campo militare ed economico, segnando l'avvicinamento con il Venezuela di Maduro e possibili esercitazioni militari tra le nazioni. La cooperazione geostrategica tra Iran e Russia per preservare l'integrità della Siria fino al Libano, ha visto come terzo partecipante agli incontri di Teheran anche il presidente turco Erdogan. Quest'ultimo è uno dei più importanti attori, attualmente, nella scena mondiale, sia come mediatore tra Ucraina e Russia sia come spina nel fianco della NATO e degli Stati Uniti
d'America.
Ovviamente, per preservare l'integrità di Damasco è necessario tenere in considerazione il sultano, soprattutto per le operazioni militari dell'esercito turco contro i curdi ed in special modo per le mire egemoniche e geostrategiche di Ankara in Siria. L'avvicinamento tra Mosca ed
Ankara ha assestato proprio in queste ore l'ennesimo colpo basso all'Occidente, poiché la compagnia aerea Turkish ha riconosciuto Donetsk come meta turistica come parte della Federazione Russa ancor prima del referendum.
La Russia ha iniziato a collaborare nelle ultime settimane con l'Iran anche nella produzione di turbine a gas; infatti, una nave iraniana, con materiali per turbine è passata attraverso il Bosforo verso Novorossijsk.
A ciò si aggiunge il fatto che l'Iran stia valutando il sistema di pagamento Mir, oltre al rifornimento di droni Sammad-3 alla Federazione Russa. La vendita di droni ha messo in allarme Washington e Kiev, poiché gli UAV iraniani saranno utilizzati in Ucraina dall'esercito russo, garantendo in questo caso il rafforzamento dell'esercito russo.
l'Iran, oramai concepito come potenza regionale in Medioriente, ha incrementato anche l'addestramento nel suo comparto di intelligence contro le operazioni lanciate da Israele contro la terra degli Ayatollah.
L'asse Mosca Teheran Damasco e Beirut con gli Hezbollah libanesi, dialoganti con il Cremlino ed alleati dell'Iran ha creato un potente avamposto contro l'influenza occidentale nella regione, ridisegnando la geopolitica della zona.

IL POST TEHERAN RIDISEGNA LE ALLEANZE

SRI LANKA, PREDA DELLE GRANDI POTENZE

A cura di Luigi Olita 

Le proteste in Sri Lanka che sono scoppiate in questi giorni, all'orizzonte da marzo per la rabbia crescente della popolazione, sono una nuova bomba nello scacchiere geopolitico del Sud Est Asiatico. Il presidente singalese Gotabaya Rajapaska è fuggito dopo l'assalto al palazzo presidenziale, che ha visto la folla inferocita prendere il controllo della sede di potere a causa della gestione fallimentare della crisi economica, l'emergenza Covid ed alimentare. Un paese martoriato da numerosi problemi, tenuto d'occhio dalle grandi potenze come la Cina, la Russia e gli USA. Da non dimenticare l'india, poiché la lacrima dell'India, anche così chiamato, è strettamente legata a Nuova Delhi dal punto di vista costiero. Ciò che rende strategico lo Sri Lanka è il porto di Hambantota, fondamentale per Pechino e per la Via della Seta, dunque una spina nel fianco di Nuova Delhi, ma anche di Washington che proprio con Biden ha nella sua agenda di politica estera il rafforzamento nello scacchiere dell'Indo Pacifico. Dunque se da un lato le proteste legittime della popolazione hanno costretto alle dimissioni ed alla fuga Rajapaska, padrone incontrastato anche dal punto di vista dinastico del paese, da un lato ciò potrebbe essere stato utilizzato proprio dagli avversari di Pechino. 

Infatti si pensi in primi agli USA ed alla loro strategia di rafforzamento e di contenimento di Pechino, ma anche alla stessa Russia. Il rapporto tra la Cina e Mosca infatti, nonostante la partnership instaurata con Pechino, dunque non alleanza come sottolineato anche ultimamente dal ministro della difesa cinese, ha presentato alcuni dubbi proprio ultimamente con attività di spionaggio industriale e militare condotte da Pechino verso il suo partner militare. Un'attività che ha sicuramente sollevato dubbi sulle intenzioni reali di Pechino verso la Russia, ed allo stesso tempo pongono la Cina in una situazione ancora più ambigua nel suo rapporto con il Cremlino dopo le sue prese di posizione di preservare i suoi interessi commerciali con l'Ucraina e dunque non prendendo parte al conflitto con l'aiuto verso Mosca. Una serie di azioni che potrebbero aver fatto riflettere Mosca riguardo la partnership con il Dragone ed allo stesso tempo utilizzare lo Sri Lanka per iniziare ad assestare un colpo basso alla via della Seta cinese. A ciò si aggiunge anche l'avvicinamento dell'India a Mosca, con l'acquisto di gas e petrolio raddoppiati negli ultimi mesi, arrivando all'importazione di 1,1 milioni di barili di greggio russo al giorno e quindi in funzione anti cinese. Dunque se da un lato Washington potrebbe aver avuto un ruolo nei disordini di Colombo, non è per nulla da escludere che la stessa Russia possa aver cavalcato l'onda di proteste per iniziare a chiarire alcuni dubbi nel suo rapporto con Pechino, che al momento, passa inevitabilmente per Kiev.

SRI LANKA, PREDA DELLE GRANDI POTENZE

Giacomelli, confermato l’addio al campo per l’ex CAN

Una riduzione che non salva l’ex fischietto triestino per cui si conferma l’addio al campo. Questo l’effetto della decisione della Commissione di Appello AIA, chiamata a esprimersi di nuovo sul caso di Giacomelli, ex arbitro CAN, dopo il parziale accoglimento del ricorso da parte del Collegio di Garanzia del CONI. Dai 13 mesi inflitti lo scorso febbraio, oggi la Commissione di Appello, valutate le censure del Collegio di Garanzia, ha ridotto la sanzione a 11 mesi. Sempre troppi sommati ai 45 giorni già inflitti lo scorso settembre 2021. Il cumulo delle due sanzioni fa superare comunque il limite oltre il quale il fischietto triestino è automaticamente fuori dall’organo tecnico e, quindi, dal campo. Si potrebbe dire che questa seconda sospensione valga come un secondo cartellino giallo: espulsione per Giacomelli, costretto all’addio ai palcoscenici della massima serie.

Una decisione, quella di oggi, che mette il punto su una brutta vicenda che ha colpito l’immagine di tutta l’Associazione Italiana Arbitri e che è stata sin da subito stigmatizzata dai vertici dell’AIA e perseguita tenacemente dalla Procura arbitrale. Un epilogo che consente, finalmente, di voltare pagina e tornare a parlare soltanto di ciò che accade in campo, riaffermando l’assolutezza dei principi di lealtà, trasparenza ed onestà che caratterizzano la classe arbitrale nazionale.

Giacomelli, confermato l’addio al campo per l’ex CAN

FACCIA A FACCIA AL G20 DI BALI

A cura di Luigi Olita 

Il G20 di Bali, in Indonesia, è un'ottima occasione per fare incontrare i leader delle grandi potenze mondiali soprattutto in un periodo come l'attuale, caratterizzato dalla guerra in Ucraina. È notizia di queste ultime ore, però, che i primi incontri tra Mosca e Washington sono iniziati con il piede sbagliato, anzi, non sono avvenuti. Infatti, il segretario di Stato americano, Anthony Blinken, ha rifiutato di incontrare il suo omologo russo, Sergej Lavrov. Quest'ultimo ha affermato che non rincorrerà gli USA, facendo trapelare disinteresse per quanto riguarda il faccia a faccia. Interessante però, è il faccia a faccia tra Blinken ed il ministro degli esteri cinese e consigliere di stato, Wang Yi. Lo scopo degli USA, da un po' di tempo a questa parte, come suggerito e fatto in passato con la diplomazia del ping pong da Henry Kissinger, è quello di allontanare il più possibile Mosca e Pechino, che comunque al momento dopo alcune azioni di spionaggio del Dragone contro Mosca hanno sollevato dubbi sulle loro relazioni.

L'obiettivo di Blinken nel bilaterale con Wang Yi sarà quello di discutere della guerra in Ucraina e del ruolo di Pechino con Mosca riguardo il conflitto. Pechino infatti, non solo ha da subito condannato il conflitto, ma non è intervenuta militarmente e con supporto a fianco di Mosca proprio per preservare il suo rapporto commerciale e diplomatico con l'Ucraina, partner fondamentale all'interno della via della Seta. Importante per Washington sarà assicurarsi la non fornitura di armi a Mosca ed il non aggiramento delle sanzioni occidentali. La posizione di Pechino al momento è ambigua sotto alcuni aspetti, considerando le ultime dichiarazioni del ministro della difesa cinese, il quale ha affermato che la Russia è un partner importante, non un alleato ed anche le ultime azioni di spionaggio militare ed industriale condotte da Pechino stanno sollevando, come detto prima, dubbi sulle reali intenzioni amichevoli di Pechino verso Mosca. Per ora, comunque, la politica di Pechino, procede senza inimicizie, ma allo stesso tempo alternando l'acquisto del GNL da Washington, con due contratti di forniture stipulati nelle ultime settimane e con i rapporti con Mosca stabili, mantenendo alto il comune obiettivo di combattere l'influenza di Washington e puntando gli occhi dritti su Taiwan.

FACCIA A FACCIA AL G20 DI BALI

CASO GIACOMELLI. IN GIOCO LA CREDIBILITA’ DEL SISTEMA

L’ex Arbitro di serie A Piero Giacomelli, assistito dall' Avv. Chiacchio, ha visto il mese scorso accogliere soltanto in parte il proprio ricorso dal Collegio di Garanzia dello Sport. Parliamo del caso eclatante dei rimborsi “gonfiati”, richiesti da alcuni arbitri di serie A. La pronuncia del Collegio di Garanzia è stata quella di un "rinvio" alla Commissione di Appello dell’AIA “per meglio motivare e valutare il dolo”. Una pronuncia che lascia ancora il cerino in capo all' AIA, la cui giustizia domestica dovrà rideterminare sia il "dolo" dell'ex arbitro, sia la nuova sanzione da comminare all'ex fischietto di serie A.

L'AIA infatti era stata intransigente sul comportamento del proprio associato, da punire poiché la correttezza, l’onestà e la lealtà sono principi indiscutibili all’interno dell’Associazione Italiana Arbitri. Ricordiamo che Giacomelli aveva rimediato una sospensione da parte dell’AIA di 13 mesi per i rimborsi richiesti, e non dovuti, per una percorrenza chilometrica mai effettuata. La Procura Arbitrale dell'AIA continuerà ad avere sul caso una posizione fermissima, ed insisterà per la declaratoria di colpevolezza di Giacomelli. Vedremo se la Commissione di Appello, presieduta dall'Avv. Fonisto, confermerà le proprie decisioni o ridimensionerà la sanzione a carico dell'ex fischietto triestino. E' in gioco la credibilità del sistema. Certamente sullo sfondo della vicenda si animano importanti principi di onestà e trasparenza che vanno oltre il singolo caso. Quel che è certo, è che l'AIA del nuovo corso del Presidente Trentalange dovrà continuare il lavoro, già intrapreso, per tenere unita la base e proseguire nel recupero dei valori della classe arbitrale , spesso ingiustamente criticata.

CASO GIACOMELLI.  IN GIOCO LA CREDIBILITA’ DEL SISTEMA

WASHINGTON FRENA SULL'OTTIMISMO UCRAINO

A cura di Luigi Olita 

È notizia di questi giorni, riportata dal ministero della difesa russo, della conquista da parte dell'esercito di Mosca della regione del Luhansk. Secondo il report del ministro Shoigu, la regione è totalmente sotto il controllo russo e tutte le sacche di combattenti nemici sono state eliminate. Notizia riportata anche dai separatisti e dai ceceni, alleati di Mosca. Nonostante il raggiungimento di uno dei due obiettivi di Mosca, il prossimo infatti è il Donestk, la determinazione del governo ucraino e della resistenza militare continua ad essere comunque molto forte. Da notare proprio le continue incursioni condotte dall'esercito ucraino sull'isola dei serpenti, che balzò agli onori delle cronache proprio all'inizio dell'invasione come la tomba di alcuni soldati ucraini sotto il fuoco di Mosca, poi rivelatosi falso e conclusasi con l'arresto dei militari di Kiev e la presa dell'isola. Quest'ultima era caduta nelle mani di Mosca e controllata fino ad una settimana fa, per poi essere abbandonata dai militari russi. In questo caso la pressione delle armi di Kiev ha preso il sopravvento rendendo difficile per Mosca la difesa dell'avamposto.

Nonostante ciò, Mosca continua comunque ad avanzare nel Donbass, utilizzando delle tattiche sul campo di accerchiamento e sta continuando a consolidare il suo controllo su Lisichansk e l’Oblast di Lugansk. Anche secondo le informazioni riportate dai bollettini di guerra, a nord Mosca ha impegnato la maggior parte delle unità disponibili residue dei gruppi militari nella direzione di Iziym. Nell’ultima settimana le forze russe sono avanzate fino ad altri 5 km da Iziym, nonostante una resistenza ucraina estremamente determinata. Le forze russe starebbero avanzando anche verso Slovyansk, presupponendo sia la prossima sfida chiave, oltre a Kramatorsk, nella battaglia per il Donbass. Dunque una situazione non molto rosea per Kiev, che nonostante la resistenza iniziale che ha lasciato sul campo numerosi militari e Generali russi, anche e soprattutto grazie al supporto dell'intelligence americana e britannica, il Donbass è in fiamme e lo stesso Washington Post, autorevole quotidiano americano, ha posto numerosi interrogativi riguardo l'ottimismo fatto trapelare per le aspettative più che positive dell'amministrazione Biden su una possibile vittoria ucraina. 

Infatti se da un lato è stato molto esaltato il numero delle perdite di Mosca, soprattutto con l'affondamento di navi simboliche come il Moskva, e la caduta di numerosi generali ed il cambio di strategia di Mosca dopo il fallimento iniziale per la mancata conquista di Kiev, l'avanzata nel Donbass procede senza sosta anche se lentamente e non viene menzionato il numero dei caduti di Kiev. Dunque l'establishment statunitense sembrerebbe diviso tra chi vorrebbe iniziare a vedere delle condizioni per trattare con Mosca al fine di non fare continuare il massacro, mentre il filone dei falchi andrebbe più verso una direzione di incremento dell'impegno al sostegno a Kiev. In questo contesto gioca anche una parte importante la guerra dell'informazione, combattuta da entrambe le fazioni. Le previsioni della NATO puntano ad una guerra lunga, soprattutto dopo le ultime dichiarazioni americane dell'impossibilità al momento per l'Ucraina di sedersi al tavolo delle trattative. I russi continuano la loro avanzata, puntando su Kramatorsk. Una guerra di logoramento che sta vendendo, almeno per il Donbass, una Russia in piena salute e quasi totalmente vincitrice.

WASHINGTON FRENA SULL'OTTIMISMO UCRAINO

Scarica l'app per il tuo smartphone

Image
Image
Image