A cura di Luigi Olita
Il 24 febbraio la situazione è precipitata. L'attacco dell'esercito russo all'Ucraina ha aggravato definitivamente una guerra già iniziata nel 2013 e che ha visto nel 2014 la salita al potere del filo europeista Petro Poroshenko. Dopo il riconoscimento di qualche giorno fa delle due Repubbliche separatiste del Donestk e del Luhansk, Vladimir Putin si è lanciato in un vortice che ha sconvolto l'ordine Mondiale. Una palese violazione del diritto internazionale che sta vedendo caduti sul campo da entrambe le parti, e di cui il popolo ucraino è la prima vittima sacrificale. Una condanna ferma da tutta la NATO e dall'UE, che non si è fatta attendere dopo l'attacco russo, ma che ha radici lontane, cioè dalla dissoluzione dell'URSS. L'attacco russo, secondo molti premeditato, sta procedendo a rilento, sia per la strategia adottata da Putin di non scaricare un'enorme potenza di fuoco sull'Ucraina, sia perché la resistenza attuata dell'esercito ucraino si sta mostrando più dura del previsto.
Fondamentali questi otto anni di addestramento da parte dei consiglieri militari americani e britannici e soprattutto dei rispettivi corpi di intelligence, che hanno modernizzato l'apparato militare ucraino anche rifornendolo di armamenti sofisticati come i missili Javelin che stanno dando estremo filo da torcere alle truppe corazzate del Cremlino. Anche la Turchia, come membro della NATO e come partner di Kiev, ci ha messo il suo; infatti la vendita di droni Bayraktar TB-2 all'esercito ucraino sta consentendo a Kiev di resistere sotto i colpi del gigante russo. Dopo giorni di intensi combattimenti, che hanno visto comunque la Russia guadagnare terreno e conquistare la maggior parte dei punti strategici dell'Ucraina partendo da est, da sud e da Nord scendendo dalla Bielorussia, il 28 febbraio si sono tenuti proprio in Bielorussia i colloqui tra la delegazione russa e quella ucraina per ottenere un primo cessate il fuoco. All'incontro, svoltosi nel pomeriggio in un territorio non neutrale come richiesto inizialmente dal governo ucraino, hanno partecipato per quest'ultima il capo dell'ufficio di Zelensky, il capogruppo del partito, il vice ministro degli esteri ed il ministro della difesa. La controparte russa era invece rappresentata da un corpo diplomatico comprendente anche un ex ministro della cultura del governo Medvedev. Alla conclusione degli incontri, le delegazioni sono tornate nei rispettivi Paesi per consultazioni e potrebbero reincontrarsi tra un paio di giorni per un secondo giro di consultazioni.
La delegazione del Cremlino è stata categorica sulle tre richieste presentate alla controparte ucraina, chiedendo lo status di neutralità dell'Ucraina, il riconoscimento della sovranità russa sulla Crimea e la demilitarizzazione e la de nazificazione della Nazione ucraina. Richieste che su due piedi potrebbero non promettere nulla di buono, ma al secondo appuntamento di consultazioni si dovrebbe avere un possibile responso. Intanto il presidente ucraino Zelensky, il quale si sta costruendo una certa fama di eroe nazionale in patria per la sua costante resistenza verso i bombardamenti russi, e per la sua presenza nella capitale vicino al suo popolo, ha firmato poche ore fa la richiesta di entrata all'interno dell'UE. Richiesta però rigettata dalle autorità di Bruxelles, che per voce dell'Alto rappresentante per la politica estera hanno affermato che la questione non è in agenda per il momento. Sono ore durissime, ed il pensiero va soprattutto al popolo ucraino, sottoposto al terrore delle bombe e di politiche scellerate adottate da entrambe le parti. Nessuno è escluso in questa vicenda, sia l'attaccante che sta muovendo guerra, sia la controparte Atlantica, che avrebbe dovuto fare un passo indietro per evitare di svegliare l'orso russo. In queste ore concitate, dove i partner Atlantici ed Europei si sono organizzati per mettere in ginocchio la Russia con pacchetti di sanzioni "mai viste prima", da Parigi, il presidente Macron sta cercando di monitorare la situazione cercando di dialogare con il suo omologo russo. L'arte diplomatica di Macron sarà l'asso nella manica della comunità internazionale?