A cura di Luigi Olita
La visita tenutasi dal presidente iraniano Ebrahim Raisi a Mosca il 19 gennaio, ha inaugurato una nuova fase sempre più stretta dei rapporti tra Teheran e Mosca. Ultima e non meno importante della visita di Raisi al Cremlino è stata proprio l'entrata dell'Iran all'interno della Shangai Cooperation Organization a settembre del 2021. L'incontro tra Raisi ed il governo russo vede dunque una svolta anche per quanto riguarda gli assetti geopolitici in Medioriente dal punto di vista della Russia. Ciò è stato possibile sia per l'affidabilità da parte di Putin nei confronti di Teheran, sia per il decisionismo diplomatico del nuovo presidente iraniano che, affiancato dal nuovo ministro degli esteri Abdollayan, si sta distinguendo rispetto ai predecessori moderati Rohani e zarif.
Il presidente iraniano ha affermato che i rapporti tra Russia ed Iran sono “forti, indipendenti e influenti” nella regione, ribadendo che i due Paesi si stanno impegnando nel rafforzamento dei rapporti bilaterali dal punto di vista della sicurezza e del commercio attraverso un costante dialogo. I legami bilaterali tra Mosca e Teheran, come affermato da Raisi, saranno destinati a crescere e rafforzarsi, coinvolgendo soprattutto la cooperazione economica e la sicurezza strategica e di intelligence per la stabilità della regione Mediorientale. La cooperazione tra i due Paesi per contrastare il terrorismo islamico da una parte e le mire egemoniche della NATO dall'altra, sono fondamentali per spiegare il riavvicinamento tra i due Paesi che in precedenza era stato ostacolato dalle fazioni filo americane presenti in Russia comprendendo anche una parte degli oligarchi ostili a Putin, che in ogni modo hanno sabotato lo sviluppo del partenariato russo-iraniano, principalmente nel campo dell'economia e della finanza.
In Iran, con la sconfitta dei moderati alle elezioni, la fazione conservatrice ha preso il potere ripristinando la linea originale della rivoluzione iraniana. Con il timore di possibili escalation di guerra alle porte dell'Europa tra Mosca e Kiev, e con le maggiori potenze della NATO continuamente impegnate a rifornire di armi l'esercito ucraino, la necessità del Cremlino è quella di intavolare una catena di alleanze per non rimanere circondata dalla potenza militare della NATO. Questo supporto, oltre che dalla Bielorussia e dalla Cina, Putin lo trova senza problemi proprio a Teheran, fondamentale per la Russia come principale alleato all'interno del mondo islamico. Quest'ultimo, un mondo dominato negli ultimi vent'anni dall'influenza statunitense, che però ha perso pezzi soprattutto dopo la fuga del 15 agosto scorso dall'Afghanistan. In un Medioriente dilaniato da un ventennio di guerre firmate "White House", la presenza del Cremlino rassicura in parte il futuro. Ciò anche per l'asse creato con la Cina mediante la diplomazia di stampo sanitario, ma che allo stesso tempo viene portata avanti grazie ad un Soft Power apprezzato molto, soprattutto nei palazzi governativi di Teheran.