LE PETROLMONARCHIE CERCANO MOSCA

LE PETROLMONARCHIE CERCANO MOSCA

A cura di Luigi Olita 

L'incontro del ministro degli esteri russo Sergej Lavrov con i membri del Consiglio di cooperazione del Golfo avvenuto in queste ultime ore è un altro chiaro segno della volontà della Russia di affermare il mondo multipolare. Già negli ultimi mesi una delle potenze più importanti del Golfo Persico, l'Arabia Saudita, aveva espresso numerose critiche verso gli USA e la loro politica di mancato supporto alla guerra in Yemen contro i ribelli Houthy. L'azione Saudita si è evoluta in un costante allontanamento dagli USA ed un avvicinamento a Mosca. L'incontro con i membri del Consiglio di cooperazione del Golfo è stato estremamente importante per il capo della diplomazia russa, poiché l'attenzione riservata dalle petrolmonarchie per la crisi alimentare e per il gas, di cui la Russia è una delle maggiori esportatrici. Le nazioni del Consiglio hanno comunque incassato le lodi di Lavrov per l'attenzione posta a queste questioni fondamentali per il pianeta. Anche la mancata adesione delle maggiori potenze del Golfo di aderire alle sanzioni contro Mosca, come chiesto da Washington, ha saldato i rapporti tra la Russia ed i partner petroliferi.

Il Wall Street Journal ha scritto martedì 31 maggio che l’OPEC starebbe valutando un’opzione: l’organizzazione dei Paesi produttori di petrolio, infatti, starebbe pensando di sospendere la Russia dal sistema di quote della coalizione OPEC+ che comprende Mosca come secondo produttore al mondo, poiché le sanzioni imposte dagli USA e sai suoi alleati, impediscono alla Russia di aumentare la produzione come accordato. Secondo il WSJ, l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti si impegnerebbero a colmare colmerebbero il vuoto di approvvigionamento. Ovviamente l'incontro tra le petrolmonarchie e la Russia assesta ancora di più un colpo basso a Washington, mediante la diplomazia messa in campo da Lavrov e che starebbe evitando in questo contesto di porre la Russia in una sorta di isolamento internazionale come auspicato dagli USA. Anche in sede NATO le cose non vanno per il verso giusto, poiché se da un lato l'Alleanza Atlantica si è compattata per fronteggiare la Russia, presenta comunque delle crepe messe in luce proprio dall'Ungheria e dalla Turchia. Quest'ultima non solo avrebbe posto il veto per impedire l'entrata all'interno della NATO di Svezia e Finlandia, ma avrebbe intrapreso una nuova operazione militare nella zona del Rojava contro le YPG Curde per neutralizzare la minaccia del partito dei lavoratori del Kurdistan, il PKK. L'azione delle truppe turche avrebbe preso di mira anche zone controllate dalla coalizione a guida americana, ed alcune zone sotto il controllo dell'esercito russo. Una spina nel fianco della NATO, che avrebbe in questo contesto il mondo arabo non pienamente dalla sua parte e soprattutto Ankara come avversario in casa.