KAZAKISTAN IN FIAMME

KAZAKISTAN IN FIAMME

A cura di Luigi Olita

L'inizio del nuovo anno è stato contrassegnato da notizie di scontri provenienti dal Kazakistan. È il terzo anno consecutivo che si apre con una notizia estremamente rilevante per il panorama mondiale, contando l'assassinio del generale iraniano Qassem Soleymani e l'assalto al Campidoglio americano di un anno fa. Le proteste che si stanno verificando in questi giorni in Kazakistan, iniziate tra il 2 ed il 3 gennaio, hanno visto la popolazione inizialmente prendersela contro l'aumento del prezzo del gpl, ma il malcontento si annida all'interno delle periferie in cui si cela un forte disagio. Dapprima le proteste, viste come un'opposizione al governo kazako, hanno assunto la piega di un vero e proprio colpo di stato; infatti ad unirsi ad i manifestanti ci sono stati anche numerosi membri della polizia e dell'esercito, andando in qualche modo a coordinare i disordini. Sorge spontaneo pensare che questi avvenimenti, così come affermato dal presidente Tokayev, siano stati fomentati e organizzati grazie all'intervento di potenze estere con l'obiettivo di allontanare il Kazakistan dalla sfera di influenza russa. 

Mosca ovviamente non ha fatto attendere la sua risposta, poiché il governo kazako ha espressamente richiesto l'intervento di Mosca e del CSTO, di cui è membro, cioè il trattato dell'organizzazione di sicurezza collettiva, composto non solo da Mosca ma anche da Bielorussia, Armenia, Tagikistan, Kirghizistan. L'articolo chiave 4 del Trattato afferma: “Se uno degli Stati Parte è soggetto ad aggressione da parte di qualsiasi stato o gruppo di stati, allora questa sarà considerata un'aggressione contro tutti gli Stati parte del presente Trattato. In caso di atto di aggressione contro uno qualsiasi degli Stati partecipanti, tutti gli altri Stati partecipanti gli forniranno l'assistenza necessaria, anche militare, e forniranno anche il supporto a loro disposizione nell'esercizio del diritto alla difesa collettiva in conformità con l'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite." La mobilitazione delle truppe del CSTO, comandate dal generale Russo Serdyukov, già impegnato nei teatri caldi di Crimea e Siria, è iniziato la scorsa settimana con l'obiettivo di sostenere il governo kazako e proteggere i siti strategici e le infrastrutture critiche, e sollevando immediatamente le proteste da parte di Washington. 

La Casa Bianca ha subito espresso perplessità riguardo la presenza di truppe russe in Kazakistan bollando la decisione del governo del Paese come sbagliata. Ovviamente i morti sul campo sin dalla scorsa settimana, hanno visto manifestanti ed alcuni poliziotti, tra cui alcuni decapitati, e soldati dalla parte governativa. La regia esterna, che vedrebbe, secondo il governo kazako, gli USA in prima fila nella rivoluzione colorata di questi giorni, e soprattutto lo spettro del terrorismo islamico dietro le decapitazioni degli ultimi giorni, vede anche un nuovo protagonista all'interno della diatriba. Parliamo del banchiere Mukhtar Ablyazov, il quale dopo essere fuggito dal Kazakistan si è autoproclamato leader delle proteste ed ha esortato USA ed UE ad intervenire affinché il Kazakistan si allontani dalla sfera di influenza di Mosca. La situazione infuocata di questi giorni, che è destinata a proseguire, vede comunque, almeno per il momento, Mosca in una posizione di vantaggio rispetto alle regie esterne, e non è escluso che nei prossimi giorni possano esservi degli interventi anche da parte di altre potenze, come Pechino ed una sempre più imperialista come Ankara, già desiderosa di intervenire nella crisi in atto.